Situato su una collina poco distante da Agropoli, si ritiene che questo paese trovi il suo toponimo in "oleastrum", inequivocabile rifermento all'olio extravergine di oliva dal color giallo oro ancora oggi grande motore economico del territorio nonché ingrediente fondamentale della famosa dieta mediterranea.
Distese di uliveti infatti, dominano l'intera collina e si raccolgono intorno al centro abitato facendo da cornice ai tanti palazzi gentilizi, alle cappelle, al convento, alle edicole votive dedicate alla Madonna, alla chiesa madre e ai tanti frantoi.
Il paese ha una posizione strategica da cui è possibile raggiungere in pochi minuti i maggiori collegamenti stradali più importanti e le località turistiche più rinomate del territorio.Offre incantevoli itinerari da percorrere in mountain bike, immersi nel silenzio e nella natura più incontaminata.
Ogni metà agosto, questo borgo ospita la “Notte della Tarantella”, un evento tematico in due giorni di suoni e balli popolari.
Di Oleastrum è prima notizia sicura in un documento del 1059, con il quale il principe Gisulfo II, con la madre principessa Gemma e la moglie principessa Maria, offrirono al vescovo pestano Amato le terre «in finibus lucanie» spettate, nella divisione con i propri fratelli Guido e Pandolfo, al principe «domno guaimarius» V, rispettivamente padre, marito e suocero dei predetti eredi. Nel diploma, tra i confini dei beni donati, è menzione anche di un «locum ubi oleastrum dicitur», «locum» in significato di casale o villaggio, così come utilizzato, ad esempio, per Agropoli («in loco ubi dicitur agropoli») nella convenzione del 1100 che contiene il diploma del 1059.
Nella delimitazione dei confini tra le proprietà della Badia di Cava e quelle di Guglielmo Sanseverino del 1187, è menzionato anche un «locus qui dicitur oliastrum». Nel documento del 1144, di cui si è detto, tra i presenti alla restituzione alla Badia Cavense del cenobio italo-greco di S. Marina de lo Grasso, usurpato dall'igumeno di S. Maria di Pattano, è ricordato anche «goffo, milite de oleastri», un cavaliere che dall'abitato aveva preso il nome.
Il Ventimiglia si chiede se l'abitato Oliarola, Ogliarola «abbia potuto essere dov'è ora la così detta Marina di Ogliastro».
Il 6 maggio 1299, re Carlo d'Angiò, nell'accogliere la petizione del vescovo pro-tempore di Capaccio, esentò anche la popolazione di «Oleastri» dal pagamento delle tasse per un biennio, purché gli abitanti, fuggiaschi tra i monti per la guerra angioino-aragonese combattuta nel territorio, fossero ritornati nelle proprie abitazioni.
Come abbiamo mostrato, Ogliastro faceva parte dello «stato» di Agropoli, feudo ecclesiastico dei vescovi pestani. Ne è notizia anche in un istrumento del 1698.
Con Eredita, era unito in un unica università per ragioni fiscali. Di «Oliastri et Eredite pertinentiarum Agropuli» era già ampio cenno in un documento aragonese del 1445 con il quale il figlio di re Alfonso, Ferrante D’Aragona, di Calabria, comunicava a Giacomo Sarrocco, Commissario per la riscossione della corretta per l’incoronazione, che i sindaci di Ogliastro ed Eredita, comparsi innanzi alla Camera della Sommaria, avevano esibito un «regium privilegium» che concedeva ai due villaggi la sottrazione di due delle tre once che i locali abitanti erano tenuti a versare per le collette. Poiché i sindaci avevano lamentato le molestie ricevute, il principe ordinava di soprassedere a parte della riscossione in attesa che, entro il termine stabilito, i sindaci avessero presentato il privilegio e la Regia Camera ne avesse accertato il rilascio.
Dopo i diversi passaggi del villaggio, annesso ad Agropoli, i Sanseverino staccarono Ogliastro dalla baronia cedendolo (a. 1502) a Galeazzo Spiccadore. A seguito dell'avocazione dei beni dei Sanseverino, la Regia Corte non ritenendo valida la concessione (mancava del Regio Assenso), mise in vendita il feudo, con Eredita, aggiudicato a Roberto Spiccadore, figliuolo del primo acquirente. Da Roberto il feudo passò al figlio Fabio (1574). Ad istanza dei creditori di costui, il feudo di Ogliastro, messo all’asta, venne aggiudicato (a. 1580) per 3.500 denari a Massenzio Bonito, dal quale passò (1582) al figlio Tommaso. Costui vendette il feudo (1589) a Gian Luigi de Clario, il quale lo rivendette nello stesso anno a Cesare Altomare. Da questa famiglia, il feudo passò poi ai de Conciliis per le nozze di Beatrice con Romano de Conciliis. Da Romano passò poi al figlio Antonio che ebbe solo una figlia, Delia, che portò in dote il feudo a Gaetano de Stefano. Con il titolo di marchesato, Giuseppe de Stefano ne ottenne l’intestazione feudale, come si legge nel Cedolario, il 14 settembre 1741. Per successione passò a Gaetano (m. 15 ottobre 1779), da cui a Pietro che ne ottenne l’intestazione il 13 marzo 1782. Nella sua qualità di patrizio salernitano Pietro fu ascritto al Registro delle Piazze Chiuse, unitamente al figlio e successore Matteo. Da questo Pietro e poi Giuseppe che con decreto ministeriale del 16 ottobre 1895, ottenne il riconoscimento del titolo di marchese di Ogliastro e patrizio di Salerno. Da ciò la sua iscrizione nel Libro d'Oro e nell'Elenco dei Nobili e Titolati Napoletani.
Dall’ADS si rileva la concessione enfiteutica di un terreno presso Agropoli (contrada ciglio della Mola) a Stefano Conte, di Ogliastro per nove ducati annui.
Il Giustiniani ubica il villaggio su una collina a 30 miglia da Salerno e a due e mezzo dal mare. Egli giudica il villaggio di aria buona, con mille abitanti tutti agricoltori dediti alla coltivazione di vigneti e oliveti e all’industria familiare dell'allevamento de suini, per le abbondanti ghiande dei suoi boschi.
Dai censimenti si rileva un progressivo incremento della popolazione fino alla peste del 1656, quando morirono più della metà degli abitanti.
A Ogliastro era un convento appartenente all'Ordine dei Predicatori, dai quali passò ai Minori Osservanti. Soppresso, venne riaperto il 25 ottobre 1817.
LATITUDINE: 40.35173379999999
LONGITUDINE: 15.045601300000044
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